Il casolare, gli acini d’uva e la storia​

Tenuta Tralice

Il Pallagrello emette il primo vagito nella località di Monticello, nel comune di Piedimonte Matese, la sua carta d’identità che ne accerta l’autenticità è un’epigrafe, ancora oggi apposta, voluta da Re Ferdinando in persona. Certezza reale.

“Ferdinando IV di Borbone, per grazia di Dio re delle Due Sicilie, fa noto a tutte e qualsivoglia persone di qualunque grado e condizione sia, che da oggi, non ardiscano né presumano di passare né ripassare per dentro la masseria di moggia 27 circa vitata. Sita nella città di Piedimonte nel luogo detto Monticello tanto di notte quanto di giorno con lume o senza, né a piedi né a cavallo né con carretti o some, sotto pena di ducati 50”.

Di tale vino si hanno molteplici testimonianze storiche che lo fanno risalire alla Pilleolata romana o pare che abbia perfino origini nella Grecia antica. La sua denominazione è generata dall’intuizione dialettale “Pallarel”, piccola palla, che si riferisce ai suoi acini tondeggianti dalle proporzioni ridotte. È uno dei pochi casi di ampelovarietà declinata sia in bacca bianca che nera.

È uno dei pochi casi di ampelovarietà declinata sia in bacca bianca che nera. Nell’Ottocento il Pallagrello è sulla bocca di tutti, in tutti sensi, diventando uno dei vini prediletti dai Borbone. Fu presente di pregio rivolto agli ospiti di corte, conosciuto sotto il nome di “Piedimonte rosso”. Si accostava ai più pregiati vini di matrice francese ed aveva il suo indiscutibile posto nei menu e nelle carte dei vini riservate alle occasioni più considerevoli. E pensare che nel primi anni del Novecento abbiamo rischiato di perderlo. Causa le infestazioni di oidio e fillossera con l’aggravante della decadenza sociale e politica che attanagliava a quei tempi le regioni del meridione. Nonostante le sue caratteristiche impareggiabili, del Pallagrello nessuna traccia, nessuna goccia. Restava, tuttavia presente nelle vigne, camuffato, talvolta confuso, all’interno delle zone di produzione. Qualcuno lo scambiava per un Coda di Volpe o con altre ramificazioni di Aglianico. Dalla metà degli anni ’90, due avvocati casertani, A. Barletta e G. Mancini, forse chissà anche per il senso di giustizia, ne hanno rilanciato la valorizzazione e la sua commercializzazione.

Il Pallagrello è tornato per fortuna a casa, sulle nostre tavole.

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